Stare bene

Se nessuno ti dice che sei brava, impara a dirtelo da sola

Ci hanno insegnato che l’apprezzamento degli altri è come il carburante per una macchina, senza quello non ci muoviamo di un metro. Ma se nessuno ti dice che sei brava, impara a dirtelo da sola.

In questo articolo cercherò di capire quanto siamo condizionati dal giudizio degli altri e quanto imparare a dirsi da soli che si è bravi possa rendere felici.

E’ un bisogno l’essere apprezzati, constatare che ogni sforzo che facciamo sia riconosciuto, perché accresce il nostro potenziale e ci convinciamo che siamo sulla strada giusta.

Perché abbiamo bisogno che persone esterne ci dicano quanto siamo bravi?

E se questi riconoscimenti di stima non arrivano significa che siamo delle ciofeche, fallite o che non valiamo niente?

Ho faticato tanto per un obiettivo, ce l'ho messa tutta e alla fine ho realizzato qualcosa di davvero importante. Io lo so, lo sanno pure le persone che hanno lavorato con me, ora voglio essere premiata.

La gratificazione che cerco sarà la spinta che mi farà andare avanti, quella che mi proietta al prossimo obiettivo e che mi farà dire che SI’ sono brava.

Invece non succede nulla, a parte la cerchia di persone che ti vogliono bene a prescindere dal risultato, che ti gratificano anche se sbagli, nessun altro riconosce il tuo immane lavoro.

La frustrazione è quasi inevitabile, se nessuno ti segue, non sei nessuno.

Siamo davvero così fragili da dipendere dal giudizio degli altri, dal loro apprezzamento per sentirci soddisfatti?

Sì, fa parte del genere umano, fa parte di noi ed è una brutta cosa se non sai come reagire.

Tu meglio di tutti

Ti pongo una domanda che ti farà ragionare, lo spero quantomeno. E’ possibile motivare una persona se lei stessa non è motivata?

La risposta è no!

Seguiresti un corso di cucina naturale fatto da un amante dei fast food e del cibo spazzatura che sostituisce lo chef momentaneamente? Forse per curiosità, ma non avresti fiducia in lui, perché lui stesso non è un esempio per se stesso.

Ma se il corso lo fa un cuoco preparato, però è la prima volta che si mette in gioco, anche solo l’impegno attenderebbe un riconoscimento. Sa di aver mancato in tante cose, di essere stato impreciso, ma ce l’ha messa tutta. Gli apprezzamenti che riceverà lo condizioneranno per i prossimi eventi, se saranno pochi dovrà fare i conti con se stesso e senza strumenti per superare lo smacco, sarà dura.

Se nessuno ti dice che sei brava, impara a dirtelo da sola

Gli psicologi la chiamano “strategia autopremiante” e l’obiettivo è alimentare la motivazione e sostenere la volontà durante la realizzazione di progetti futuri, perché inevitabilmente durante il percorso ci saranno momenti di stanchezza e scoraggiamento.

Se ti premi stimoli gli ormoni della felicità

Premiarsi stimola il rilascio delle endorfine, gli ormoni del benessere che aiutano a superare i momenti di stress.

Inoltre è un’azione consapevole verso se stessi, un gesto d’amore per quello che hai fatto, per l’entusiasmo che ci hai messo e le risorse che hai speso e perché no, anche solo per questo meriti un premio, qualunque sia il risultato.

Un atteggiamento che bisognerebbe assumere per ogni attività che svolgiamo, che sia pulire casa, mettere in ordine l’armadio o fare un ripulisting della cantina.

Coinvolge anche le paure e i superamenti dei periodi no, se sei terrorizzato dal dentista e riesci a superare la tua paura, premiati, datti una pacca sulla spalla e fatti un bel regalo.

Come premiarsi è importante

Il premio dovrebbe essere commisurato a seconda dell’impegno profuso, se arrivo da una giornata infernale al lavoro posso godermi una serata con gli amici e un buon bicchiere di vino. Un progetto finito che ha consumato notti insonni per mesi, merita un week end o una breve vacanza. L’importante è rifarci dello stress che abbiamo accumulato in misura proporzionale all’obiettivo ottenuto.

Non dirlo a nessuno

Fai che questo sia un segreto che conservi privatamente o condividi con pochissime persone. E’ difficile dire apertamente che ci si è premiati per qualcosa che si è fatto, potremmo risultare spocchiosi e gradassi. Questo è dovuto al senso del dovere che siamo stati abituati a osannare più del piacere nel fare le cose.

Quando portavo a casa un ottimo voto a scuola mi sentivo rispondere da mio papà: “Bene, hai fatto il tuo dovere!” A forza di sentirmelo dire mi sono convinta che a risultato raggiunto non equivale nessuna ricompensa e questo retaggio mi ha condizionata per lunghi anni.

Prima di compiacermi per un risultato e premiarmi da sola ce n’è voluto di tempo. Dirmi brava da sola mi costa ancora, ma se nessuno me lo dice ci penso io.

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