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Pudore, si mangia?

A quanto pare il concetto del pudore, che per me fa rima con intimità, sembra abbia perduto smalto varcando le soglie del 3.0

Gli ultimi episodi avvengono a Roma, dove un uomo decide di rinfrescarsi dalla calura estiva immergendosi completamente nudo nella fontana del Gianicolo, imperturbabile, sereno come fosse nella vasca da bagno di casa sua e succede a Bologna dove una 26enne, consigliata dal suo psicologo, a suo dire, cammina nuda per le vie della città.

Un giochetto che alla sua autostima è costata una multa di 3000 euro.

E’ la rivincita di Michelangelo, che immagino sganasciare dalle risate, visto quello che ha fatto Daniele da Volterra al suo meraviglioso Giudizio Universale, alla fine del Concilio di Trento.


I pittori provocavano con i nudi il rigore dei loro secoli, ultimo Picasso con le Demoiselle D’Avignon, lui che prima era tutto concentrato sul classicismo di David, cede anch’esso al corpo femminile senza veli.


Una forma d’arte che trova consensi negli anni ’60 del secolo scorso, con i “figli dei fiori” che mandavano messaggi di pace e libertà capaci di contagiare ancora intere generazioni.


Il nudo provoca, fa parlare, fa sorridere o lascia indifferenti.

Comunque sia causa una reazione, ci sarà chi se la ride come Michelangelo, chi si indignerà, chi si porrà delle domande.


C’è da chiedersi quale sia il confine della provocazione per ognuno di noi.


Fa più scandalo una ragazza che cammina nuda o bivacchi di senzatetto che trovano la loro intimità nelle vie delle grandi metropoli?


Siamo in grado di scandalizzarci ancora?

In fondo dalla pubblicità ai reality passando per la cronaca rosa o nera, il senso del decoro e del pudore non mi pare sia più un sentire comune, piuttosto è relativo, è personale.

A ben vedere emerge una forte contrapposizione nell’uomo 3.0 capace di atti megalomani al limite del pudore e incapace di dar sfoggio ai propri sentimenti e ai propri pensieri, improvvisamente la parola intimità diventa sacrosanta.

Ma guarda un po’!


Il pudore è quindi una virtù vista con gli occhi di Omero cui dava il significato di coraggio e destrezza?

Oppure è libero arbitrio più o meno coscienzioso nel considerare cosa è relegato alla sfera intima e che cosa può essere mercificato?


Se il fondamento della condotta morale parte da un sentimento, l’intenzione morale può combattere gli impulsi della depravazione, esattamente come il senso interiore può coordinare un’azione che procurerà simpatia o antipatia.


Penso sia la mancanza di vergogna il punto su cui riflettere, vergogna come accezione positiva, come emozione dell’autoconsapevolezza, un regolatore di distanza tra il pubblico e il privato.


Resta alla fine una domanda che mi attanaglia da quando ho iniziato l’articolo: chi diavolo è lo psicologo della 26enne?

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