Le emozioni che non ci appartengono

Le emozioni che non ci appartengono

C’è un momento in cui ci sentiamo sopraffatti da emozioni che non riusciamo a spiegare. Un’agitazione improvvisa, una tristezza costante, una rabbia che esplode senza una causa apparente. Possono essere emozioni che non ci appartengono. Quando ci fermiamo a riflettere, spesso non troviamo una vera origine. È come se quelle emozioni non fossero veramente nostre.

E se fosse proprio così, emozioni che non ci appartengono?

Un’eredità emotiva silenziosa

Sempre più studi e approcci terapeutici mettono in luce il concetto di “emozioni ereditate”. Non si tratta di genetica, ma di esperienze emotive trasmesse in modo implicito attraverso le relazioni più strette, soprattutto quelle familiari. Bambini che crescono in ambienti emotivamente compressi imparano a interiorizzare stati d’animo, paure e silenzi che non hanno vissuto in prima persona.

La psicoterapeuta francese Anne Ancelin Schützenberger, pioniera della psicogenealogia, ha evidenziato come molti traumi non elaborati possano influenzare le generazioni successive. Emozioni taciute, dolori irrisolti, eventi rimossi. Tutto ciò può sedimentarsi nel vissuto di chi viene dopo, sotto forma di disagio emotivo cronico o reazioni apparentemente sproporzionate.

La storia di Laura: “Mi sentivo triste senza sapere perché”

Laura ha 34 anni, è una grafica freelance e da anni convive con una malinconia costante. “Non era una depressione clinica, ma una specie di velo grigio che copriva tutto. Un senso di tristezza che non aveva un volto, né un’origine precisa”, racconta. Solo durante un percorso di terapia ha scoperto che sua madre aveva subito un lutto profondo poco prima della sua nascita: la morte improvvisa della nonna materna. “Mia madre non ne parlava mai, ma ora capisco quanto quel dolore sia rimasto vivo nel silenzio di casa nostra. L’ho assorbito, senza sapere nemmeno che esistesse.”

Quando reagiamo con un’intensità che non comprendiamo

Può capitare di reagire a una situazione in modo eccessivo. Basta una parola che ferisce più del dovuto. Un rifiuto che scatena un dolore antico. Una critica che fa crollare la fiducia in sé stessi. In molti casi, non è l’evento in sé a generare l’emozione, ma il fatto che colpisce un punto già ferito, spesso senza che ce ne rendiamo conto.

Capire se quell’emozione ci appartiene davvero o se è il riflesso di qualcosa che abbiamo “ereditato” è un passaggio fondamentale per costruire un’identità emotiva più consapevole.

Come distinguere le emozioni proprie da quelle ricevute

Riconoscere un’emozione come “non propria” non significa negarla, ma comprenderne l’origine. È un lavoro sottile, fatto di ascolto, osservazione e in molti casi anche di confronto con il proprio passato familiare.

Ecco alcuni spunti utili:

  • Chiedersi: “Quello che provo ha radici nel presente o sembra più antico?”
  • Notare le reazioni ricorrenti, quelle che si presentano anche in contesti diversi ma con lo stesso schema emotivo.
  • Parlare con familiari o persone vicine che possono aiutare a ricostruire episodi nascosti o mai raccontati.
  • Scrivere ciò che si sente, per dare forma e contesto a sensazioni indefinite.
  • Considerare un percorso di psicoterapia, soprattutto se il disagio è persistente e difficile da decifrare.

Liberarsi non significa dimenticare

Non tutte le emozioni che viviamo ci appartengono, ma tutte ci condizionano. Prendere coscienza di ciò che abbiamo assorbito inconsapevolmente è un atto di responsabilità verso noi stessi. Significa imparare a sentire in modo autentico, distinguendo ciò che ci appartiene da ciò che ci è stato consegnato senza scelta.

Liberarsi dalle emozioni ereditate non vuol dire dimenticare il passato, ma imparare a non esserne prigionieri. È, in fondo, un modo per diventare adulti emotivamente: smettere di sentire con il cuore degli altri e iniziare a sentire davvero con il proprio.

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